giovedì 16 giugno 2011

Carmilla

Deperimento
 Sarebbe inutile tentare di spiegare l'orrore con cui, anche ora, ripenso a quella notte. Non era un terrore transitorio, come quelli che seguono i sogni. Era una paura che sembrava diventare più forte via via che il tempo passava. La stanza e perfino i mobili sembravano intrisi di terrore, dopo quell'apparizione.
Il giorno seguente non sopportai di restare da sola nemmeno per un minuto.
L'avrei detto a papà, ma avevo due buone ragioni, anche se opposte, per non farlo. Da una parte pensavo che avrebbe riso della mia storia e non avrei mai sopportato che mi predesse in giro; dall'altra temenvo che si sarebbe spaventato, immaginando che ero stata colpita dalla misteriosa malattia che aveva invaso la nostra contea. Io non avevo dubbi in proposito e, visto che ultimamente era stato malato, temevo di spaventarlo troppo.
Mi sfogai con le mie comprensive compagne,la signora Perrodon e la signorina De Lafontaine. Entrambe capirono che ero nervosa e depressa e alla fine raccontai loro quello che mi pesava sul cuore.
La signorina rise, ma mi sembrò che la signora Perrodon mi guardasse ansiosa.
"A proposito", disse la signorina ridendo, " il lungo sentiero costeggiato dai cedri, quello dietro la finestra della camera di Carmilla, è abitato da spettri."
"Che sciocchezza!", esclamò la signora Perrodon, che evidentemente riteneva quella osservazione poco opportuna. "Chi te l'ha detto,mia cara?"
"Martin ha detto che è venuto due volte, verso sera, per riparare il vecchio cancello sul cortile, e che per due volte ha visto la stessa figura femminile camminare lungo quel sentiero."
"Non mi sembra tanto strano,visto che ci sono sempre le mucche da mungere sui prati che costeggiano il fiume", commentò l'altra.
"Lo so; ma Martin era spaventato e non ho mai visto nessuno così spaventato."
"Non bisogna dire niente a Carmilla perchè dalla fienestra della sua camera si vede quel sentiero", mi intromisi io, " e lei è ancora più paurosa di me, se questo è possibile."
Quel giorno Carmilla scese molto più tardi del solito.
"Ho avuto così tanta paura questa notte!", disse non appena fummo insieme. "Sono certa che avrei visto qualcosa di terribile se non fosse stato per il portafortuna che abbiamo comprato da quel saltimbanco che ho coperto di insulti. Ho sognato che qualcosa di nero saliva sul mio letto e mi sono svegliata terrorizzata. Per alcuni seondi ho davvero creduto di vedere una figura nera accanto al camino, ma poi ho cercato il portafortuna che tengo sotto al cuscino e nel momenot in cui l'ho toccato, la figura è scomparsa. Sono certa che se non l'avessi avuto accanto, avrei visto qualcosa di terrificante che avrebbe potuto anche farmi del male, come a quelle povere persone."
"Ora ascolta me", dissi, e le raccontai la avventura, che lei ascoltò con uno sguardo pieno di orrore.
"Avevi accanto a te il portafortuna?", mi chiese con fervore.
"No,l'avevo messo nel vaso cinese nella sala, ma questa notte lo porterò di certo con me, visto che tu hai così tanta fiducia in lui."
Anche a distanza di tanto tempo non so dirvi, e non capisco nemmeno io, come quella sera riuscissi a superare il mio terrore e ad andare a letto da sola nella mia camera. Ricordo di aver messo il portafortuna sotto il cuscino. Mi addormentai all'improvviso e dormii profondamente per tutta la notte.
La notte seguente trascorse ugualmente tranquilla. Il mio sonno era profondo e senza sogni. Ma mi svegliavo sempre con un senso di spossatezza e malinconia, che tuttavia non arrivava a livelli preoccupanti.
Per alcune notti dormii profondamente; ma tutte le mattina sentivo la stessa stanchezza e un languore che mi opprimeva per tutto il giorno. Mi sentivo cambiata. Una strana malinconia incombeva su di me, una malinconia che non riuscivo a scrollarmi di dosso. Cominciai a nutrire vaghi pensieri di morte; la sola idea stava prendendo possesso di me, in modo gentile e, in un certo senso, piacevole. Era un'idea triste, ma insinuava in me una sensazione dolce. Qualunque cosa fosse, la mia anima ne era soggiogata.
Non avrei mai ammesso di essere malata, non avrei mai parlato con mio padre o permesso che il dottore mi visitasse.
Carmilla divenne più affettuosa ancora nei miei confronti e suoi strani parossismi di languida adorazione per me divennero più frequenti.

Carmilla

Il sogno
 
Quella notte feci unsogno che segnò l'inizio di un'agonia molto singolare.
Non posso definirlo un incubo perchè ero conscia di essere addormetata. Sapevo anche di essere in camera mia, nel mio letto, dove in effetti ero. Infatti, vidi, o immaginai di vedere, la stanza e i mobili come li avevo visti prima di chiudere gli occhi; era tutto molto buio e intravidi qualcosa che si muoveva ai piedi del letto, che non riuscii a distinguere bene in primo momento. Ma poi vidi che era un grosso animale nero, simile a un gatto mostruoso. Poteva essere lungo circa un metro e mezzo o anche di più, perchè copriva tutto il tappeto passandovi sopra. Continuava ad andare avnti e indietro con l'agilità sinistra di una bestia chiusa in gabbia. Non riuscii a gridare anche se, come potete immaginare, ero terrorizzata. Il passo della belva si faceva sempre più veloce e la stanza sempre più nera; alla fine le tenebre erano tanto fitte che non riuscivo a vedere altro che i suoi occhi. Sentii che l'animale balzava con agilità sul letto. I suoi due grossi occhi si avvicinarono al mio viso e all'improvviso avvertii un dolore acuto, come se due grossi aghi, distant l'uno dall'altro pochi centimetri, mi penetrassero nel petto. Mi svegliai con un grido. La stanza era illuminata dalla solita candela che bruciava tutta la notte. Vidi una figura femminile ai piedi del letto, sulla destra. Indossava un lungo vestito nero. I capelli erano sciolti e le ricadevano sulle spalle. Un masso non sarebbe potuto essere più immobile. Non sembrava nemmeno che la figura respirasse. Poi, mentre la fissavo, cambiò posizione e si mosse verso la porta. Quando la raggiunse, l'aprì e se ne andò.
Ora mi sentivo più sollevata e ricominciai a respirare. Per prima cosa pensai che Carmilla avesse voluto farmi uno scherzo e di aver dimenticato di chiudere la porta a chiave. Mi affrettai a controllare, ma la porta era chiusa dall'interno, come al solito.
Avevo paura di aprirla...ero terrorizzata. Mi precipitai a letto e nascosi la testa sotto le coperte, giacendo lì più morta che viva fino alla mattina seguente.

Carmilla

Un'agonia molto strana
 Tornammo in sala e ci sedemmo davanti al caffè e alla cioccolata, che Carmilla non beveva mai, la ragazza sembrava essersi del tutto ripresa e la signora Perrodon e la signorina De Lafontaine si unirono a noi. Mentre giocavamo a carte, papà ci raggiuse per bere il suo tè.
Terminata la partita, si sedette sul divano accanto a Carmilla e le chiese, con una certa ansia, se aveva ricevuto notizie dall madre dopo il suo arrivo da noi.
Lei rispose di no.
Poi le chiese se sapeva come raggiungerla con un'eventuale lettera.
"Non saprei dirlo", rispose lei restando sul vago, ""ma in ogni caso sto pensando di lasciarvi. Siete stati troppo ospitali e gentili con me. Vi ho causato un'infinità di guai e vorrei prendere una carrozza domani mattina, per partire alla ricerca di mia madre. So dove potrebbe trovarsi, anche se non ne sono abbatsanza certa per dirvelo."
"Ma voi non dovete pensare di fare una cosa simile". esclamò mio padre con mio grande sollievo.
"Non possimao perdervi così, e io non permetterò che voi ve ne andiate, se non sotto la scorta di vostra madre, che è stata tanto buona da consentrivi di rimanere con noi fino al suo ritorno. Sarei felice di sapere che avete ricevuto sue notizie. Questa sera le vosi sulla misteriosa malattia che sta dilagando nella nostra contea si sono fatte allarmanti. E, mia bella ospite, io sento la responsabilità della vostra salute, ora che non ho il sostegno di vostra madre. Ma farò del mio meglio; una cosa è comunque certa: voi non andrete da nessuna parte, a meno che non sia vostra madre a chiederlo. E poi soffriremmo troppo della perdita per accettare con tanta facilità la vostra partenza."
"Grazie infinite, millevolte grazie per la vostra ospitalità", disse lei sorridendo. "Siete tutti troppo gentili con me. Di rado nella mia vita sono stata tato felice, come lo sono ora nel vostro splendido castello, sotto la vostra protezione e incompagnia della vostra cara figliola."
Lui le baciò la mano con galanteria, e sorrise compiaciuto del bel discorso di lei.
Come al solito accompagnai Carmilla nella sua stanza e rimasi seduta sul suo letto a chiaccherare fino all'ora di coricarsi.
"Credi", dissi alla fine, "che potrai mai confidarti con me?"
Lei si voltò sorridendo, ma non rispose; continuò a sorridere.
"Non vuoi rispondermi?", dissi io, "Non puoi rispondere con un no; capisco: non avrei dovuto chiederlo."
"Avevi tutti i diritti di chiedermi questo e qualsiasi altra cosa. Tu non sai quanto mi sei cara, o altrimenti non penseresti che ci siano delle confidenze troppo grandi per te. Ma sono soggiogata da tali vincoli, vincoli terribili, che non oso raccontare la mia storia nemmeno a te. Ma è vicino il momento in cui saprai tutto. Mi giudicherai crudele, egoista, ma l'amore è sempre egoista; più è ardente, più è egoista. Non immagini quanto io sia gelosa. Tu devi venire con me, amarmi fino alla morte; oppure odiarmi, mam dovrai pur sempre venire con me, odiandomi nella morte e anche oltre. Non esiste la parola indifferenza nella mia apatica natura."
"Ora, Carmilla, ricominci a dire quelle sciocchezze", mi affrettai a balbettare.
"No di certo, anche se sono una stupida sciocca, piena di paure a fantasie; per il tuo bene, parlerò da saggia. Sei mai stata a un ballo?"
"No,com'è? Tu ci sei stata? Dev'essere stato bellissimo."
"L'ho quasi dimenticato: è stato ani fa."
Io risi.
"Non sei così vecchia, non puoi aver già dimenticatoil tuo primo ballo."
"Ricordo tutto del ballo, ma devo afre uno sforzo. Vedo tutto come vedono i sommozzatori: attraverso una cortina densa,ondeggiante, ma trasparente. Quella notte accadde qualcosa che ha confuso tutta la scena; facendo sfumare i colori. Sono stata quasi assassinata, ferita qui", si toccò il petto, " e da allora nulla è mai stato più lo stesso."
"Sei stat vicino a morire?"
"Si, per un amore crudele, uno strano amore che stava per rubarmi la vita. L'amore deve sempre ottenere dei sacrifici. E non ci sono sacrifici senza sangue. Andiamo a leto ora; mi sento esausta. Mi chiedo come riuscirò ad alzarmi dal letto per venire a chiudere a chiave la porta."
Rimase sdraiata con le belle mani infilate tra i folti capelli,sotto le gote; la sua testolina riposava sul cuscino e i suoi occhi lucenti mi seguivano mentre mi muovevo, con uno strano, timido sorriso che non riuscii a decifrare.
Le augurai la buona notte e uscii dalla stanza con una strana sensazione di disagio.
Mi chiedevo spesso se la nostra affascinante ospite pregasse.
Io no l'avevo mai vista in ginocchio. La mattina scendeva mlto dopo l'ora in cui la nostra famiglia si riuniva per le preghiere e la sera non si alzava mai dal salotto per unirsi alle nostre preghiere nell'ingresso.
Se in una delle nostre conversazioni non fosse venuto fuori per caso che era stata battezzata, avrei perfino dubitato che fosse di religione cristiana. La religione era un argomento del quale non l'avevo mi sentita parlare, ma se avessi conosciuto meglio il mondo, questa negligenza o avversione non mi avrebbe sorpreso più di tanto.
Le precauzioni adottate dalle persone nervose sono contagiose, e tutte quelle di uguale temperamento finiscono, prima o poi, per imitarle. Avevo adottato anch'io l'abitudine di Carmilla di chiudere a chiave la porta della camera da letto, dopo che mi erano entrate in testa quella sue  assurde paure di invasori notturni e di spietati assassini. Avevo anche preso l'abitudine di fare una breve ispezione della stanza, come faceva lei, per assicurarmi che nessun ladro o assassino vi fosse nascosto.
Dopo essermi accertata che tutto era al proprio posto, mi infilai a letto e mi addormentai. Tenevo una luce accesa in camera.
Questa era una vecchia abitudine che nulla mi avrebbe convinto ad abbandonare.
Con tutte quelle precauzioni potevo dormire tranquilla. Ma i sogni passavano attraverso i muri di pietra, illuminano le stanze più buie e gettano le tenebre in quelle illuminate, e i loro personaggi entrano ed escono ovunque a loro piacimento, ridendosela di tutti i lucchetti.

Carmilla

Una momentanea energia
 

In silenzio, lentamente, ci avviammo verso il ponte, dove davanti a noi si apriva un magnifico paesaggio. "E così stavi pensando alla sera in cui sono arrivata", disse lei, quasi in un sospiro. "Sei contenta che sia venuta?"
"Felicissima , mai cara Carmilla", risposi io.
"E hai chiesto di avere il ritratto di quella donna che mi assomiglia per appenderlo nella tua camera", mormorò con un sospiro, cingendomi ancora più forte alla vita e posando la sua graziosa testolina sulla mia spalla.
"Come sei romantica,Carmilla", dissi io. "Quando mi racconterai la tua storia sarà come ascoltare un grande romanzo."
Lei mi baciò senza parlare.
"Io sono sicura,Carmilla; che tu sei innamorata. Devi avere un amore nel cuore, anche in questo momento."
"Non sono mai stata innamorata di nessuno e mai lo sarò", sussurrò lei, "a meno che non si tratti di te."
Com'era bella alla luce della luna! Timido e strano era il suo sguardo quando, in fretta, nascose il viso contro il mio collo, affondando tra i miei capelli, con profondi sospiri che sembravano singhiozzi, stringendomi la mano nella sua, che tremava.
Sentivo la sua morbida guancia ardere contro la mia.
"Cara,cara", mormorò, " io vivo in te; e tu morirai per me, perchè io ti amo così tanto!"
La guardai sbalordita.
Mi fissava con uno sguardo di fuoco; tutto il resto non esisteva più, il suo viso era pallido e apatico.
"Non senti freddo nell'aria, mia cara?", disse con voce soave.
"Io ho quasi i brividi; ho forse sognato? Rientriamo. Andiamo, andiamo, torniamo in casa."
"Tu sembri malata,Carmilla; sei molto pallida. Dovresti bere del vino", le dissi.
"Si, ne berrò. Ora mi sento meglio. Starò benissimo in pochi minuti. Si, per favore, dammi del vino", disse Carmilla mentre ci avvicinavamo alla porta d0ingresso. "Restiamo ancora un attimo a guardare; è l'ultima volta, forse, che posso guardare la luna con te."
"Come ti senti ora, cara Carmilla? Stai davvero meglio?", le chiesi.
Cominciavo ad allarmarmi, a temere che fosse stata colpita da quella strana epidemia che dicevano aveva invaso la nostra terra.
"Papà si preoccuperebbe oltre misura", aggiunsi, "se sapesse che sei stata malata e non ce l'hai detto. Abbiamo un dottore molto bravo; l'hai visto anche oggi, quando è venuto a parlare con mio padre."
"Sono certa che è molto bravo e so quanto tutti voi siate gentili. Ma, mia cara, ora io sto davvero meglio. Non c'è nulla che non va in me,solo una certa debolezza. La gente dice che sono languida ed è vero, non posso muovermi molto; le mie camminate possono durare quanto quelle di un bambino di tre anni; ogni tanto , poi, le mie poche forze mi abbandonano, e allora mi accade come questa sera. Ma dopo queste crisi torno quella di prima; in un attimo sono di nuovo me stessa. Vedi come mi sono ripresa!"
In effetti ora stava meglio; chiaccherammo a lungo e lei sembrava molto animata.
La serata trascorse senza alcun accenno a quelle che io chiamavo le sue "infatuazioni", cioè quei suoi folli discorsi e quegli sguardi che mi mettevano in imbarazzo e mi spaventavano.
Ma quella notte accadde qualcosa che diede un nuovo corso ai mie pensieri e che sembrò indurre nella languida natura di Carmilla una momentanea energia.

Carmilla

Una somiglianza straordinaria

Quella sera arrivo il malinconico figlio del pulitore di quadri,un giovanotto dalla faccia scura,con un cavallo e due grosse casse che contenevano diversi quadri. Quando arrivò creò nel nostro isolato castello una grande sensazione. Le casse vennero depositate nell'ingresso,mentre la servitù si impossessò del giovane fino a quando non ebbe finito la cena. poi,con degli assistenti,armato di martello e scalpello e cacciavite,tornò all'ingresso,dove ci eravamo tutti assiepati per assistere all'apertura delle casse.
Carmilla sedeva in silenzio mentre,uno dopo l'altro,emergevano dalle casse vecchi quadri,quasi tutti ritratti che mio padre aveva fatto pulire e risistemare.
Mio padre aveva una lista in mano che consultava a ogni quadro che il restauratore tirava fuori dalla cassa. Non so se quei dipinti avessero valore,ma so che erano molto antichi e alcuni erano anche curiosi. Avevano,nella maggior parte dei casi,il merito di essere come nuovi ai miei occhi; infatti il fumo e la polvere lasciati dal tempo li avevano quasi obliterati dalle tele.
"C'è un quadro che non ho ancora visto", disse mio padre.
"In un angolo in alto ci sono un nome, "Marcia Karnestein", se ho letto bene,e la data, 1698;sono curioso di vedere com'è diventato ora".
Lo ricordavo anche io; era un quadro molto piccolo, di nemmeno mezzo metro, quasi quadrato, senza cornice; era così annerito dal tempo che non avevo mai visto cosa rappresentava.
L'artista lo prese con evidente orgoglio. Era bellissimo; sbalorditivo,sembrava vivo. E rappresentava Carmilla!
"Carmilla, mia cara, qui c'è un vero miracolo! Eccoti qui, in questo quadro, viva, sorridente, pronta per parlare. Non è bella,papà? E guarda, c'è anche il piccolo neo sulla gola."
Mio padre rise e disse : "E' davvero una somiglianza straordinaria", ma poi passò ad altro e con mia grade sorpresa rimase poco colpito dal fatto. Continuò a dialogare con il restauratore, mentre io ero sempre più sbalordita e continuavo a fissare il quadro.
"Mi lasci appendere questo quadro in camera mia, papà?", chiesi.
"Ma certo, cara",rispose lui sorridendo. "Sono contento che ti piaccia tanto. In effetti è più bello di quanto immaginassi io stesso."
Carmilla non sembrava essersi resa conto del fatto, e sembrava non aver sentito le nostre parole. Era seduta sulla sedia e i suoi begli occhi mi contemplavano languidi da dietro le lunghe ciglia. Sorrideva come rapita,in estasi.
"Ora si può leggere con chiarezza il nome scritto nell'angolo in alto. Non è Marcia; sembra che sia stato dipinto in oro. Il nome è Mircalla, contessa Karnstein. C'è una coroncina copra il nome e la data è 1698. Io discendo dai Karnstein da parte di madre."
"Ah!", esclamò lei con voce languida, "credo di esserlo anch'io, ma una discendente molto alla lontana. Ci sono ancora dei Karnstein viventi?"
"Nessuno che ne porti il nome,credo. La famiglia andò in rovina durante una qualche guerra civile molto tempo fa. Le rovine del castello sono a meno di cinquanta chilometri da qui."
"Molto interessante", disse lei languidamente. "Ma guarda che bella luna!". Sbirciò attraverso la porta d'ingresso, che era accostata. "Sarebbe bello fare una passeggiata nel cortile, e guardare la strada e il fiume."
"E' come la notte in cui sei arrivata", dissi io.
Lei sosprirò, sorridendo.
Poi si alzò e, allacciate per la vita, uscimmo.

lunedì 13 giugno 2011

Carmilla

Le abitudini di Carmilla - Una passeggiata
Un pomeriggio, mentre eravamo seduta sotto gli alberi, passò un corteo funebre. Era il funerale di una graziosa giovinetta che avevo visto spesso. Io mi alzai in segno di rispetto al loro passaggio e mi unii al loro canto così dolce.
La mia compagna mi scosse con una certa violenza e io mi voltai, sorpresa.
Disse bruscamente: "Non senti com'è stonato?".
"Al contrario, lo trovo olto dolce", ribattei irritata per l'interruzione e molto imbarazzata perchè temevo che le persone che seguivano il corteo sentissero e si ritenessero offese.
Continuai a cantare, ma venni subito interrotta.
"Mi stai trapanando i timpani", disse Carmilla arrabbiata, tappandosi le orecchie con le piccole mani. "E poi come fai a sapere che la tua religione e la mia sono uguali? I vostri riti mi feriscono e odio i funerali. Che confusione! Certo, tu devi morire... tutti devono morire; e tutti sono più felici quando muoiono. Andiamo a casa."

"Mio padre va al cimitero con il sacerdote. Pensavo che sapessi che la seppellivano oggi."
"Quella? Non mi interessano affatto i contadini. Non so chi sia", rispose Carmilla con un bagliore negli occhi.
"E quella povera ragazza che quindici giorni fa ha creduto di aver visto un fantasma e che da allora è deperita, fino a ieri, quando è morta."
"Non parliamo di fantasmi, altrimenti questa notte non dormirò."
"Spero Che il funerale sia già finito e quell'orribile inno già cantato; così le nostre orecchie non saranno più torturate da questo strazio. Mi ha reso nervosa. Siediti qui, vicino a me. Vieni più vicino e prendemi la mano. Stringila forte, forte, più forte!"
Ci alzammo per sederci su una panchina più lontana.
Lei fu la prima a sedersi. Il suo volto subì una strasfromazione che mi allarmò e mi spaventò per un momento. Si incupì, diventando orribilmente livido; strinse i denti e le sue labbra erano serrate mentre, con gli occhi bassi, si osservava i piedi. Tremava come scossa da continui brividi, quasi avesse un attacco di febbre maarica. Sembrò raccogliere tutte le energie per evitare una crisi che le faceva mancare il respiro. Poi, alla fine, ruppe in un riso isterico e piano piano si calmò.
"Guarda un pò! Ecco cosa significa soffocare la gente con gli inni!", disse. "Tienimi ancora stretta: sta passando."
E infatti passò; e forse, per dissolvere la cattiva impressione che quello spettacolo aveva lasciato sulla mia anima, divenne insolitamente animata e ciarliera; e così tornammo a casa.
Quell fu la prima volta che la vidi manifestare i sintomi della salute cagionevole di cui aveva parlato sua madre.
Fu anche l aprima volte che la vidi esprimere una certa dose di rabbia....

Carmilla

Le abitudini di Carmilla - Una passeggiata
 
A volte, dopo un'ora di apatia, la mia strana e bella compagna mi prendeva la mano, stringendola forte per lungo tempo; arrossiva leggermente e mi guardava con occhi ardenti e languidi, respirando tanto forte che potevo vedere il vestito che si sollevava e si abbassava al ritmo del suo respiro. Aveva l'ardore di un innamorato e questo mi imbarazzava; era una sensazione odiosa eppure affascinante. Si avvicinava a me con occhi ardenti e le sue labbra mi sfioravano le guance di baci. E poi sussurrava, quasi piangendo: "Tu sei mia, tu sarai mia, io e te saremo unite per sempre". Poi si lasciava cadere di nuovo sulla sedia, portandosi le piccole mani davanti agli occhi e lasciandomi tremante.
Cercavo invano di trovare una spiegazione a quelo strano comportamento che non si poteva definire affettato e nemmeno scherzoso. Quei suoi atteggiamenti erano senza dubbio la manifestazione di un istinto soppresso e di una forte emozione.

Carmilla

Le abitudini di Carmilla - Una passeggiata
Era solita gettarmi le braccia al collo e attirarmi verso di sè, mormorandomi all'orecchio: "Mia cara, il tuo piccolo cuore è ferito; non giudicarmi crudele perchè obbedisco all'irresistibile legge della mia forza e della mia debolezza. Se il tuo piccolo cuore è ferito, anche il mio sanguina con il tuo. Nell'estasi della mia grande umiliazione, io vivo nella tua calda vita e tu morirai...morirai dolcemente...nella mia vita. Non posso farne a meno; come io mi avvicino a te, così tu, a tua volta, ti accosterai ad altri, e capirai l'estasi di questa crudeltà che è sempre amore; così, per ora, non cercare di sapere più di niente, ma abbi fiducia in me con tutta la tua anima appassionata".
Quando parlava rapita in una simile estasi mi stringeva ancora di più nel suo tremulo abbraccio, e le sue labbra posavano soffici baci sulla mia guancia.

Carmilla

Le abitudini di Carmilla - Una passeggiata
Ero affascinata da quella ragazza per molti versi.
Ma c'erano altri aspetti di lei che non mi piacevano.
Inizierò con la sua descrizione. Era più alta della media delle donne,snella e molto aggraziata. Tranne il fatto che i suoi movimenti erano languidi...Molto languidi, non c'era nulla in lei che lasciasse sospettare che fosse malata. La sua carnagione era colorita e brillante; i lineamenti minuti e meravigliosamente modellati;  grandi occhi erano scuri e lucenti; i capelli erano bellissimi, non avevo mai visto dei capelli così folti e lunghi quando li lasciava sciolti sulle spalle; spesso vi infilavo una mano e ridevo, meravigliata del loro volume. Erano fini e soffici,e di un castano scuro con sfumature dorate. Amavo lasciarli ricadere sotto il loro peso come quando nella sua stanza, mentre Cramilla era seduta su una sedia e parlava con la sua voce dolcissima, io le intrecciavo le chiome e poi la rispettinavo giocando con i suoi capelli. Cielo! Se avessi saputo!
Ho detto che c'erano dei particolari in lei che non mi piacevano.
Ho raccontato della sensazione di intimità che provai la prima volta che la vidi in casa mia, ma in seguito lei mantenne il più assoluto silenzio riguardo a se stessa,sua madre, la sua storia, tutto ciò che riguardava la sua vita, i suoi progetti,la gente che frequentava.
Probabilmente il mio era un atteggiamento irragionevole, forse sbagliavo; avrei dovuto rispettare l'ordine solenne impartito dalla principessa vestita di nero a mio padre.
Ma la curiosità è una passione che non trova pace, e nessuna ragazza può sopportare di non trovare risposta alle sue domande e proposito di un'altra ragazza.
Che male ci sarebbe stato a dirmi ciò che desideravo sapere con tanto ardore?
Non aveva fiducia nel mio onore e nel mio buon senso?
Perchè non mi credeva quando le giuravo con solennità che non avrei riferito una sola sillaba di quello che lei mi avrebbe detto?
Mi sembrava che in lei ci fosse una freddezza ono adeguata a una fanciulla della sua età, nel persistente, malinconico anche se gentile rifiuto di concedermi sia pure un soltanto un raggio di luce sulla sua vita.

Carmilla

Un'ospite
Era una bella donna per la sua età e doveva essere stata splendida da giovane; alta ma non troppo magra; indossava un vestito di velluto nero e sembrava molto pallida.
Anche se continuava ad essere estramamente agitata, non perse mai il proprio atteggiamento autoritario.
"E' mai nata una persona più sfortunata?", sentii che diceva, sempre con le mani giunte, mentre mi avvicinavo. "Eccomi qui, in viaggio che è questione di vita o di morte, ne quale perdere un'ora può significare perdere tutto, con mia figlia ferita, tanto che non potrà riprendere il viaggio per chissà quanto tempo! E io devo lasciarla! Non posso, non oso ritardare. quanto dista signore il villaggio più vicino? Sono costretta a lasciarla lì; e non vedrò la mia adorata, non potrò nemmeno avere sue notizie fino al mio ritorno, fra tre mesi."
Afferrai mio padre per la giacca e gli mormorai con fervore all'orecchio:"Oh papà, per favore, chiedile di lasciarla stare con noi... Sarebbe meraviglioso, fallo, per favore!".
"Se la signora vorrà affidare la sua figliola alle cure di mia figlia e della nostra buona governante, la signora Perrodon, e le permetterà di essere nostra ospite, sotto la mia responsabilità, fino al suo ritorno, sarà per noi un onore e una gioia. La tratteremo con tutte le cure e la tenerezza che una promessa simile merita."
"Non posso farlo, signore, sarebbe chiedere troppo alla vostra gentilezza e alla vostra cavalleria.", disse la donna, disperata.
"Al contrario, ci darebbe conforto in un momento in cui ne abbiamo molto bisogno. Se voi ci affiderete vostra figlia, sarà per noi la migliore consolazione. Non potete permettere che continui il viaggio a lungo perchè sarebbe troppo pericoloso. E se, come avete detto voi, non potete interrompere il viaggio, dovrete separarvi da lei questa seta. E dove potreste trovare maggiore sicurezza e tenerezza che qui da noi?"
C'era qualcosa nell'atteggiamento della signora e nel suo aspetto dignitoso e perfino imponente che impressionava molto e che, anche senza il lusso della vettura e dell'equipaggio, avrebbe fatto capire a chiunque che era una persona importante....

Carmilla

Un'ospite
.....La signora non sembrava ascoltarlo e, pareva non avere occhi che per la snella figuretta che era distesa sul pendio.
Mi avvicinai: la ragazza era svenuta, ma di certo non era morta.
Mio padre, che si spiccava di sapere qualcosa di medicina, le sentì il polso e assicurò la signora, che disse di essere la madre della ragazza, che il polso, per quanto debole e irregolare, era ancora avvertibile.

La signora unì le mani e alzò lo sguardo al cielo, come in un momentaneo trasporto di gratitudine; poi riprese i suoi gesti teatrali che credo siano naturali per molte persone....

Carmilla

Un'ospite
....In quel momento un rumore di ruote e zoccoli attirò la nostra attenzione.
Una carrozza sembrava avvicinarsi dalla strada che passava sul ponta e infatti poco dopo comparvero degli uomini.
Due cavalieri passarono sopra il ponte; poi arrivò una vettura trainata da quattro cavalli e seguita da altri due uomini a cavallo.
Sembrava che la carrozza stesse trasportando un passeggero di alto rango; noi tutti fummo subito assorbiti da quello spettacolo insolito.
E in pochi minuti divenne sempre più interessante, perchè, proprio mentre la carrozza stava passando sul ponte, uno dei destrieri che la conduceva si spaventò, comunicando il panico a tutti gli altri, e dopo un paio di scarti i quattro animali cominciarono a galoppare con furia, tutti insieme, buttandosi sui due cavalieri con la violenza di un uragano.
L'eccitazione della scena era resa ancora più dolorosa dalle urla di una voce femminile proveniete dall'interno della vettura.
Ci avvicinammo, pieni di curiosità e di orrore; mio padre era silenzioso mentre noi tre mandavamo esclamazioni di paura.
Ma la nostra attesa non durò a lungo.
Poco prima de ponte levatoio che conduceva al nostro castello c'erano da una parte della strada uno stupendo albero di tiglio, e dall'altra parte un'antica croce di pietra, alla vosta della quale i cavalli , che ormai avanzavano a un'andatura davvero spaventosa, sterzarono facendo così cozzare la ruota della carrozza contro le radici del tiglio.
Sapevo cosa sarebbe successo.
Mi coprii gli occhi, incapace di guardare, e voltai la testa; nello stesso momento sentii che le mie compagne;che erano andate un pò avanti, lanciavano alte grida.
La curiosità mi fece aprire gli occhi e vidi una scena in cui la confusione regnava sovrana.
Due cavalli erano a terra, e la carrozza era rovesciata su un fianco con due ruote in aria; gli uomini erano occupati a togliere i finimenti ai cavalli mentre una signora con un aspetto autoritario era già scesa e stava davanti alla vettura con le mani giunte, portandosi a volte il fazzoletto agli occhi.
Attraverso lo sportello venne estratta dalla carrozza una giovane ragazza. apparentemente senza vita.
Il mio buon vecchio padre era già accorso al fianco della signora, con il cappello in mano, offrendo il proprio aiuto e un rifugio presso il castello....

Carmilla

Un'ospite
Mi accingo ora a raccontarvi qualcosa di così strano che ci vorrà tutta la vostra fiducia nella mia sincerità per crederci.
Era una dolce sera d'estate e mio padre mi aveva chiesto,come faceva spesso,di accompagnarlo in una passeggiata lungo la splendida foresta,che,come ho detto,circondava il nostro castello.
"Il Generale non potrà venire da noi presto come avevo sperato",mi disse mio padre mentre ci incamminavamo.
Avrebbe dovuto portare con se sua nipote e pupilla.
"La poverina è morta",mi disse mio padre. "Mi sono ricordato di non avertelo ancora detto,m non eri in camera tua quando ho ricevuto la lettere del Generale."
Ne fui molto sconvolta.
"Ecco qui la lettera del Generale",disse mio padre,porgendomi un foglio. "Temo che sia grandemente addolorato; mi sembra che la lettera sia stata scritta da un uomo sull'orlo della follia."
Ci sedemmo su una rozza panchina,sotto un gruppo di magnifici tigli.
Il sole stava tramontando in tutto il suo malinconico splendore dietro quel bucolico orizzonte, e il ruscello che scorre accanto alla nostra casa passando sotto il vecchio ponte che ho menzionato, lambiva gli alberi, quasi ai nostri piedi, riflettendo nelle sue acque il colore acceso del cielo.
La lettera del Generale era così straordinaria, così veemente e in certi punti così straordinaria,che la lessi due volte; ancora non riuscivo a capirla;potevo solo immaginare che il dolore avesse sconvolto la mente del Generale.
Il sole ora sceso ormai, ed era buio quando restituii la lettera a mio padre.
Era una bella sera luminosa e indugiammo a parlare del possibile significato delle veementi parole del Generale che avevo appena letto.
Dovevamo percorrere più di un chilometro per raggiungere la strada che passava davanti al castello e nel frattempo la luna si era alzata luminosa nel cielo.
Sul ponte levatoio incontrammo la signora Perrodon e la signorina De Lafontaine, che erano uscite senza cappello a godersi quella bellissima luna piena.
Sentimmo le loro voci parlare con animosità mentre ci avvicinavamo.
Le raggiungemmo sul ponte e ci voltammo per ammirare insieme lo splendido panorama.
Davanti a noi si stendeva la radura che avevamo appena percorso.
Alla nostra sinistra il piccolo sentiero si inoltrava nel folto degli alberi maestosi sparendo presto alla vista.
Alla nostra destra lo stesso sentiero passava sul pittoresco ponte,accanto alla torre in rovina,che un tempo doveva sorvegliare il passaggio; dietro il ponte si innalzava una collina coperta di alberi, e sotto la luce della luna luccicavano delle pietre coperte d'edera.
All'orizzonte si stava addensando una leggera nebbiolina che sembrava avvolgere il panorama in un velo trasparente: qua e là potevamo vedere i bagliori riflessi dall'acqua del ruscello.
Non si poteva immaginare uno spettacolo più dolce e più bello.
Le notizie che avevo appena ricevuto lo rendevano malinconico, ma nulla poteva turbare la sua profonda serenità e l'incantata gloria e vaghezza dell'orizzonte.
Non ricordo il resto, ma sento come sopra di noi incombesse una grande sciagura.
Suppongo che la dolente lettera del Generale abbia qualcosa a che fare con questa sensazione.....

Carmilla

Le prime paure
Pur non essendo gente molto ricca,in Stiria abitiamo in un castello.
Nulla potrebbe essere più pittoresco e solitario.
Si trova su una collina,in prossimità della foresta.
La strada,molto vecchia e stretta,passa davanti al ponte levatoio,che ai mie tempi non veniva mai alzato,e il laghetto,pieno di pesce persico e popolato di cigni che solcano la sua superficie tra bianche nifee.
La facciata del castello,ricca di finestre,dà su questo spettacolo,con le sue torri e la sua cappella gotica.
Davanti al cancello la foresta si apre in una pittoresca radura irregolare,e sulla destra un ripido ponte in stile gotico permette di attraversare il ruscello,che si tuffa nell'oscurità della foresta.

Carmilla

Il principe invisibile
"Era snella e molto aggraziata. Tranne il fatto che i suoi movimenti erano languidi - molto languidi,non c'era nulla in lei che lasciasse sospettare che fosse malata. La sua carnagione era colorita e brillante; i lineamenti minuti e mervigliosamente modellati; i grandi occhi erano scuri e lucenti; i capelli erano bellissimi, non avevo mai visto dei capelli così folti e lunghi quando li lasciava sciolti sulle spalle. Erano fini e soffici,e di un castano scuro con sfumature dorate. Amavo lasciarli ricadere sotto il loro peso,come quando nella sua stanza,mentre Carmilla era seduta su una sedia e parlava con la sua voce dolcissima,io le intrecciavo le chiome e poi la rispettinavo,giocando con i suoi capelli...."