giovedì 16 giugno 2011

Carmilla

Un'agonia molto strana
 Tornammo in sala e ci sedemmo davanti al caffè e alla cioccolata, che Carmilla non beveva mai, la ragazza sembrava essersi del tutto ripresa e la signora Perrodon e la signorina De Lafontaine si unirono a noi. Mentre giocavamo a carte, papà ci raggiuse per bere il suo tè.
Terminata la partita, si sedette sul divano accanto a Carmilla e le chiese, con una certa ansia, se aveva ricevuto notizie dall madre dopo il suo arrivo da noi.
Lei rispose di no.
Poi le chiese se sapeva come raggiungerla con un'eventuale lettera.
"Non saprei dirlo", rispose lei restando sul vago, ""ma in ogni caso sto pensando di lasciarvi. Siete stati troppo ospitali e gentili con me. Vi ho causato un'infinità di guai e vorrei prendere una carrozza domani mattina, per partire alla ricerca di mia madre. So dove potrebbe trovarsi, anche se non ne sono abbatsanza certa per dirvelo."
"Ma voi non dovete pensare di fare una cosa simile". esclamò mio padre con mio grande sollievo.
"Non possimao perdervi così, e io non permetterò che voi ve ne andiate, se non sotto la scorta di vostra madre, che è stata tanto buona da consentrivi di rimanere con noi fino al suo ritorno. Sarei felice di sapere che avete ricevuto sue notizie. Questa sera le vosi sulla misteriosa malattia che sta dilagando nella nostra contea si sono fatte allarmanti. E, mia bella ospite, io sento la responsabilità della vostra salute, ora che non ho il sostegno di vostra madre. Ma farò del mio meglio; una cosa è comunque certa: voi non andrete da nessuna parte, a meno che non sia vostra madre a chiederlo. E poi soffriremmo troppo della perdita per accettare con tanta facilità la vostra partenza."
"Grazie infinite, millevolte grazie per la vostra ospitalità", disse lei sorridendo. "Siete tutti troppo gentili con me. Di rado nella mia vita sono stata tato felice, come lo sono ora nel vostro splendido castello, sotto la vostra protezione e incompagnia della vostra cara figliola."
Lui le baciò la mano con galanteria, e sorrise compiaciuto del bel discorso di lei.
Come al solito accompagnai Carmilla nella sua stanza e rimasi seduta sul suo letto a chiaccherare fino all'ora di coricarsi.
"Credi", dissi alla fine, "che potrai mai confidarti con me?"
Lei si voltò sorridendo, ma non rispose; continuò a sorridere.
"Non vuoi rispondermi?", dissi io, "Non puoi rispondere con un no; capisco: non avrei dovuto chiederlo."
"Avevi tutti i diritti di chiedermi questo e qualsiasi altra cosa. Tu non sai quanto mi sei cara, o altrimenti non penseresti che ci siano delle confidenze troppo grandi per te. Ma sono soggiogata da tali vincoli, vincoli terribili, che non oso raccontare la mia storia nemmeno a te. Ma è vicino il momento in cui saprai tutto. Mi giudicherai crudele, egoista, ma l'amore è sempre egoista; più è ardente, più è egoista. Non immagini quanto io sia gelosa. Tu devi venire con me, amarmi fino alla morte; oppure odiarmi, mam dovrai pur sempre venire con me, odiandomi nella morte e anche oltre. Non esiste la parola indifferenza nella mia apatica natura."
"Ora, Carmilla, ricominci a dire quelle sciocchezze", mi affrettai a balbettare.
"No di certo, anche se sono una stupida sciocca, piena di paure a fantasie; per il tuo bene, parlerò da saggia. Sei mai stata a un ballo?"
"No,com'è? Tu ci sei stata? Dev'essere stato bellissimo."
"L'ho quasi dimenticato: è stato ani fa."
Io risi.
"Non sei così vecchia, non puoi aver già dimenticatoil tuo primo ballo."
"Ricordo tutto del ballo, ma devo afre uno sforzo. Vedo tutto come vedono i sommozzatori: attraverso una cortina densa,ondeggiante, ma trasparente. Quella notte accadde qualcosa che ha confuso tutta la scena; facendo sfumare i colori. Sono stata quasi assassinata, ferita qui", si toccò il petto, " e da allora nulla è mai stato più lo stesso."
"Sei stat vicino a morire?"
"Si, per un amore crudele, uno strano amore che stava per rubarmi la vita. L'amore deve sempre ottenere dei sacrifici. E non ci sono sacrifici senza sangue. Andiamo a leto ora; mi sento esausta. Mi chiedo come riuscirò ad alzarmi dal letto per venire a chiudere a chiave la porta."
Rimase sdraiata con le belle mani infilate tra i folti capelli,sotto le gote; la sua testolina riposava sul cuscino e i suoi occhi lucenti mi seguivano mentre mi muovevo, con uno strano, timido sorriso che non riuscii a decifrare.
Le augurai la buona notte e uscii dalla stanza con una strana sensazione di disagio.
Mi chiedevo spesso se la nostra affascinante ospite pregasse.
Io no l'avevo mai vista in ginocchio. La mattina scendeva mlto dopo l'ora in cui la nostra famiglia si riuniva per le preghiere e la sera non si alzava mai dal salotto per unirsi alle nostre preghiere nell'ingresso.
Se in una delle nostre conversazioni non fosse venuto fuori per caso che era stata battezzata, avrei perfino dubitato che fosse di religione cristiana. La religione era un argomento del quale non l'avevo mi sentita parlare, ma se avessi conosciuto meglio il mondo, questa negligenza o avversione non mi avrebbe sorpreso più di tanto.
Le precauzioni adottate dalle persone nervose sono contagiose, e tutte quelle di uguale temperamento finiscono, prima o poi, per imitarle. Avevo adottato anch'io l'abitudine di Carmilla di chiudere a chiave la porta della camera da letto, dopo che mi erano entrate in testa quella sue  assurde paure di invasori notturni e di spietati assassini. Avevo anche preso l'abitudine di fare una breve ispezione della stanza, come faceva lei, per assicurarmi che nessun ladro o assassino vi fosse nascosto.
Dopo essermi accertata che tutto era al proprio posto, mi infilai a letto e mi addormentai. Tenevo una luce accesa in camera.
Questa era una vecchia abitudine che nulla mi avrebbe convinto ad abbandonare.
Con tutte quelle precauzioni potevo dormire tranquilla. Ma i sogni passavano attraverso i muri di pietra, illuminano le stanze più buie e gettano le tenebre in quelle illuminate, e i loro personaggi entrano ed escono ovunque a loro piacimento, ridendosela di tutti i lucchetti.

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